Bohéme
di Sabrina Trentin
BOHÉME
Elementi di attualizzazione in un impianto ottocentesco e trasfigurazione in favola rendono atemporale la storia de La bohéme di Puccini raccontata dalla regista Emma DANTE al San Carlo di Napoli. In una ambientazione tutta in esterni- non una soffitta ma i tetti di Parigi di un condominio, per la scenografia suggestiva di Carmine Maringola – la vita irrompe frenetica e brulicante trascinando in una festosa allegria i bohemiens. Ci sono una prostituta e un trans, in corsetto e parrucca, cinque suore e un cardinale, due ballerini, tutti si muovono incessantemente impegnati nella propria vita, impossibile non seguirli con lo sguardo, mentre i protagonisti cercano di scaldarsi con il fumo dei tantissimi comignoli. Se il libretto di Illica e Giacosa, tratto dal romanzo di Murger, è ambientato nel 1830, qui le riproduzioni pittoriche rimandano alla fine del secolo: Toulouse-Lautrec campeggia, ma come murales, sulla scena. La contemporaneità fa capolino ancora su un muro: grande e stagliata, una crepa riproduce la Cicatrice di Betlemme di Bansky, stella cometa per l’artista londinese, in perfetta sintonia con la vigilia di Natale, giorno in cui ha inizio la storia di Mimì e Rodolfo. Anche Scarpetta rivive sulla scena tramite la citazione del pranzo con i maccheroni da Miseria e nobiltà. Miseri di sempre e di ovunque, quindi.
E poi c’è il sogno. Fioraia e poeta hanno un loro doppio in una coppia di ballerini, che danzano lievi citando Chagall, e anticipano o sottolineano con le loro coreografie, ideate da Sandro Maria Campagna, le vicende dei due innamorati. Il sogno continua nel secondo quadro al quartiere latino, dove alberi di Natale scendono sospesi come candelieri e acrobati danno vita a giocattoli animati caratterizzati da festosi e accesi costumi – bellissimi, di Vanessa Sannino – richiamando un’altra viglia, quella dello Schiaccianoci. Richiamo che continua con le movenze da battaglia contro i topi delle guardie alla Barrière d’Enfer del terzo quadro, nel cui finale sui due amanti nevicheranno prima fiocchi e poi petali colorati a mostrare “la stagion de fiori” in cui si lasceranno. Gli ultimi toni accesi sono quelli che emergono, nel grigiore totale, da sotto le divise che le guardie si strappano rimaste sole in scena, cadendo poi esanimi e immobili, con pose da marionetta, chi ubbidisce ad altri non ha vita.
Favola e sogno cedono alla tragedia nell’ultimo quadro. Si torna fra i tetti, in mezzo ai comignoli già baluginano rossi ceri votivi. Quello che era atteso sta per avvenire, già anticipato, come nella musica, fin dal primo quadro. Allora era la preghiera delle suore guidata dal cardinale, quasi infernale meccanismo d’orologio, contemporanea alla apparizione di Mimì sulla scena, erano le collane, grandi rosari con ben visibile croce, che la ragazza indossa o, nel secondo quadro, vuole acquistare. Adesso, oltre ai ceri, c’è un nuovo murales, Seule di Toulouse-Lautrec, Marcello sta completando la donna emaciata, coricata su un letto di schiena, contornata da color senape spento, e c’è la crepa nel muro, che diviene croce di luce azzurra tra i ceri rossi accesi nel buio totale del palcoscenico divenuto, spirata Mimì, cimitero: la cometa di Natale, simbolo di nascita, si è trasformata in un segno di morte. Spettacolo per gli occhi, coerente, a cui ogni elemento contribuisce, comprese le luci di Cristian Zucaro, magiche come i sogni e fisse come il destino, e spettacolo per le orecchie. Il direttore Francesco Lanzillotta accentua il lirismo e rende ben percepibili i temi, guidando un’orchestra che dà buona prova di sé. Selene Zanetti ha interpretato una Mimì dolce e umile, con voce estesa dal bel colore, Vittorio Grigolo, istrionico tenore pop star, ha dato vita a un Rodolfo a volte sopra le righe, dando sfoggio della voce potente, anche a scapito dell’equilibrio sonoro e della verosimiglianza interpretativa, soprattutto nel finale. Laura Ulloa ha incarnato una Musetta capricciosa, con voce acuta e sicura, ben interpretati Marcello da Andrzej Filonczyk, dalla bella voce rotonda, Colline da Alessio Cacciamani, applausi alla sua “vecchia zimarra”, e Schaunard da Pietro Di Bianco. Bene anche il coro, diretto da Josè Luis Basso, prossimo a lasciare il San Carlo, e il coro di voci bianche preparato da Stefania Rinaldi. Il pubblico, con abbondanza di stranieri, ha lungamente applaudito.
NAPOLEONE. LA MORTE DI DIO
di Antonella Maione
NAPOLEONE. LA MORTE DI DIO
In “Napoleone. La morte di Dio”, il monologo, andato in scena al Politeama di Napoli, di Davide Sacco, rappresenta il dramma di un figlio che piange con lacrime asciutte la morte del padre. Lino Guanciale, nelle vesti di figlio, rievoca l’evento trascritto in un libretto da un allora giovane Victor Hugo, che assiste, nella capitale francese, al rientro della salma dell’ormai innocuo imperatore, vent’anni dopo la sua morte. La cronaca diventa materia da cui il regista parte per sviluppare il rapporto che lega le due figure prescindendo dal tempo finito della vita terrena. Napoleone è morto, e, un figlio piange suo padre come se fosse l’imperatore. I riflettori sono per Lei, la morte, leggibile a centro titolo, e resa su un duplice piano narrativo e temporale. Nello spazio, il movimento è espresso da due figure, rispondenti a Simona Boo e Amedeo Carlo Capitanelli, impegnate a sistemare oggetti e materiali che non subiscono arresto: i due servi di scena: srotolano, ondeggiano un enorme tappeto di plastica; scaricano terra o sollevano volutamente polvere. Elementi simbolici nel racconto della morte che circondano la panca su cui Guanciale si sposta, da seduto o all’in piedi, da un lato all’altro della stessa, non ponendo fine al monologo che attraversa l’intero spettacolo.
Uno dei pochi spostamenti in diagonale compiuti vanno a favore di un proiettore con luce calda. Anch’essa simbolica e, a tratti, comprimaria in scena. Resa da Andrea Pistoia, anche mediante la discesa improvvisa, di lampadari di cristallo che si arrestano su differenti livelli. Dunque, Guanciale stringe in mano un pugno di terra bruna che avvicina al faretto di luce chiara mentre evoca, a più riprese, il primo verso del Cinque Maggio di Manzoni, quel “Ei fu” che tradotto nella narrazione di Sacco ci consegna un padre terreno, di cui si ripropongono memorabili dettagli, come quello di radersi. Sguardo e tempo sembrano bloccati: Egli fu, ora non è più, nella dimensione straziante che solo l’amore di un figlio può evocare, al punto da eguagliare Presenza a corposa assenza.
L’indignazione è forte per la mancanza di empatia dei partecipanti al corteo: “Tanto dopo torneranno alle loro vite.” Suggestiva, la martellante, ossessiva, interminabile, ripetizione della sillaba pa, nel cantato in dialetto napoletano di Simona Boo, che dalla pancia fa salire il sommerso emotivo. Non vi è Distanza. E l’amore è tale che un padre diventa, dinanzi agli occhi di un figlio, molto più di un imperatore. “Il cielo si fa nero. I fiocchi di neve lo seminano con lacrime bianche.” Il corteo è festoso: in scena lo si rende con spostamenti, fra questi quello della panca messa in verticale che simula la bara. Tutto è concitato assieme alla voce tremula di Guanciale. “Sedici cavalli accompagnano il feretro.” È morto UN padre, anche se questi si fosse chiamato Napoleone, per il figlio, per tutti i figli, Egli sarebbe stato Dio. Le luci sono accese quando all’improvviso al centro precipita una bara con un tonfo, che copre le voci. L’occhio fermo della sala è vigile: l’immagine, statica. Il piano narrativo, unico. In scena, Napoleone. La morte di Dio.
Migliore testo teatrale, sceneggiatura cinematografica e scrittura seriale di fiction televisive
XXIII Edizione Premio Massimo Troisi
Anche quest’anno la giuria composta dai docenti del Master in Drammaturgia e cinematografia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (Pasquale Sabbatino, coordinatore del Master, Vincenzo Caputo, Anna Masecchia, Matteo Palumbo, Giuseppina Scognamiglio) assegnerà, nell’ambito del Premio Massimo Troisi – Comune di San Giorgio a Cremano, un riconoscimento al migliore “Autore emergente” all’interno della sezione “Migliore testo teatrale, sceneggiatura cinematografica e scrittura seriale di fiction televisive” (per tale riconoscimento è prevista una borsa di studio).
Giunto alla sua XXIII edizione, il Premio Massimo Troisi si svolgerà dal 26 giugno al I luglio 2023 a San Giorgio a Cremano, città natale dell’indimenticato attore e regista, sotto la direzione di Gino Rivieccio. La kermesse darà la possibilità a talenti emergenti di concorrere ad ambiti premi e riconoscimenti con l’obiettivo di consegnare a studenti e studiosi, appassionati e addetti ai lavori, l’immagine inedita di un Troisi vivo e prolifico.
«Uno degli obiettivi principali del Master in Drammaturgia e cinematografia – afferma Pasquale Sabbatino – è formare e valorizzare esperti, curatori di testi scenici, autori e critici teatrali. In questo senso il Premio Massimo Troisi si mostra sensibile nel sostenere il talento delle nuove generazioni attraverso la scelta meritoria di assegnare una borsa di studio a giovani autrici e autori».
Oltre all’autore emergente, la giuria del Master assegnerà anche un “Premio speciale” riservato invece a personalità che si sono distinte negli ultimi anni nel lavoro teatrale, cinematografico e televisivo (tra i premiati delle scorse edizioni è possibile menzionare Ippolita Di Majo, Arturo Muselli, Maurizio Braucci). Quest’anno il premio speciale sarà assegnato ad Adriano Pantaleo.
«Il premio speciale ad Adriano Pantaleo – dichiara Vincenzo Caputo – vuole essere il riconoscimento alla carriera ormai trentennale di un artista che dagli esordi cinematografici e televisivi (come non ricordare Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller del 1992) fino all’impegnativo confronto con i classici del nostro teatro (si veda Natale in casa Cupiello di Edoardo De Angelis del 2020) ha mostrato tutto il suo poliedrico talento».
Al via il nuovo ciclo del Master per l’anno accademico 2022/23
Iscrizioni entro il 17 marzo
Con Decreto Rettorale 2023/411 del 13/02/2023 è stato indetto, per l’anno accademico 2022/2023, il concorso pubblico, per titoli, a numero 50 posti per l’ammissione al corso di Master di II livello in Drammaturgia e Cinematografia, afferente al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Il Master si propone di realizzare, nel contesto del sistema teatrale e cinematografico contemporanei, un percorso formativo finalizzato alla formazione di esperti della drammaturgia e cinematografia europea in grado di operare nel campo dello spettacolo e dell’industria culturale; nuovi autori; critici teatrali e cinematografici capaci di lavorare nei giornali, nelle televisioni e nell’editoria; docenti della drammaturgia e cinematografia in ambito scolastico; editori di testi teatrali, cinematografici e televisivi. Laboratori e stage approfondiscono aspetti particolari del percorso formativo professionale, consentendo ai corsisti di avvicinarsi direttamente alla critica teatrale e cinematografica, alla organizzazione di un ufficio-stampa e alla scrittura di testi per la scena.
Le molteplici attività del Master (dalla critica teatrale e cinematografica allo studio della drammaturgia italiana ed europea; dalla storia del cinema all’elaborazione di testi per lo spettacolo e per il giornalismo) sono finalizzate alla formazione professionale di esperti, che potranno inserirsi nel mondo lavorativo relativo ai settori della critica teatrale e cinematografica nonché delle scritture per la scena. A tal proposito il Master organizza specifici incontri con personalità del mondo dello spettacolo, come è già accaduto con Lucio Allocca, Peppe Barra, Antonio Capuano, Fortunato Cerlino, Marcello Cotugno, Luca De Filippo, Maurizio de Giovanni, Mario Gelardi, Pino Imperatore, Peppe Lanzetta, Mario Martone, Arturo Muselli, Alessandro Preziosi, Mariano Rigillo, Francesco Saponaro e altri artisti o esperti del settore.
Anche per questa edizione la didattica si svolgerà in modalità online su piattaforma microsoft TEAMS.
Per partecipare al concorso, il candidato dovrà, a pena di esclusione, presentare la domanda esclusivamente tramite la procedura telematica all’indirizzo internet http://www.concorsi.unina.it/domandeMaster/ entro e non oltre il 17 marzo 2023, ore 12:00.
Si ricorda che per tutti coloro i quali verranno giudicati idonei e vincitori il contributo di iscrizione al Master ammonta a € 516,00 pagabile in un’unica rata, oltre ad € 160,00 per la tassa regionale per il diritto allo studio universitario.
Il bando completo è disponibile qui
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