FUOCO SU NAPOLI

di Paola Calvano

FUOCO SU NAPOLI

Su un palco spoglio, illuminato solo da qualche fila di luci fioche, c’é Diego Ventre, protagonista del romanzo di Ruggero Cappuccio, Fuoco Su Napoli, cui la rielaborazione drammaturgica - andata in scena il 14.06.23 al Teatro Viviani - si è ispirata. Ventre è un noto avvocato napoletano, amico di politici e camorristi, ed è l’unico a conoscere dell’imminente esplosione dei Campi Flegrei che tra pochi giorni distruggerà Napoli; egli progetta di acquistare i migliori terreni e fabbricati così che, superata l’emergenza avranno incrementato il loro valore. L’intento di Diego non è solo speculativo ma anche creativo, perché solo se ridotta in cenere, Napoli potrà avere un futuro diverso, di cui sarebbe lui il Creatore, grazie al nuovo piano regolatore, che la trasformerebbe nella Las Vegas del Mediterraneo. Eccolo allora, trafficare e intrallazzare pronto a uccidere chi lo ostacola e trovare comunque il tempo di corteggiare Luce di San Grano, la bellissima figlia di una famiglia nobiliare caduta in disgrazia.

Intorno a Diego e Luce, ruotano una serie di personaggi che, in questa reinterpretazione teatrale, degli studenti e docenti dell’Università di Napoli Federico II, regia, luci e disegni di Nadia Baldi, sono i veri protagonisti, che si muovono coralmente, vestiti di nero, per poi, staccarsi a turno dal gruppo e raggiungere il proscenio, dove illuminato il viso dai riflettori, urlano la propria storia e le proprie sofferenze, frutto di violenze, fisiche, morali, sessuali, subite nella ricerca - come tutti - dell’amore o almeno dell’affetto. Danno vita così a una serie di monologhi dai quali traspare l’accettazione della violenza e dell’infelicità che ne deriva, per l’incapacità di ribellarsi alla realtà, considerandola alla fine come la normalità e di come tutti si sentano uniti in un comune destino di abuso è sottolineato dall’intero gruppo dei 40 attori che indossato un paio di décolleté rosse, avanza compatto sul palcoscenico.

Ciascuno di loro impersona il materiale piroclastico che distruggerà Napoli, determinandone più che un’esplosione, un'implosione, come una madre [Napoli ] uccisa per mano dei suoi stessi figli [i napoletani]. Il ritmo della rappresentazione è incalzante, non lascia tregua, è un susseguirsi di monologhi l’uno più urlato dell’altro, proprio per rendere l’idea della disperazione che serpeggia in città, nonché la forza e violenza dei gesti, dei sentimenti e delle parole, come quelle più usate a Napoli, interrogandosi, come nel romanzo se: “cazzo, bordello e caffè…e poi spaccimma, culo, bocca …. “ sono le più utilizzate “come deve [e può] funzionare una città dove le parole d’ordine sono queste da secoli?”