di Paola Calvano

COME LEGGERE UNA MAPPA E NON PERDERSI

“Stasera voglio essere io”: questa è la litania con cui gli studenti dell’IIS Assteas di Buccino(SA), protagonisti del laboratorio di Carlo Rossella in Come leggere una mappa e non perdersi, dal buio della platea hanno conquistato il palco. Quali gli strumenti per affermare la propria identità? Forse le parole, poche, scelte con cura, con un significato compreso fino in fondo e poi verificato in concreto. Ecco allora, che ciascuno ne elenca una: per “scelta”, ad esempio, non è sufficiente la definizione - “un libero atto di volontà” - perché poi ci si interroga: la libertà esiste? È possibile scegliere? Ma cosa si sceglie? Le scelte di vita? Quelle responsabili? Le definitive? Molti i dubbi e la paura di vivere, l’unica chance è però quella di “buttarsi nella vita”.

Oltre alle parole, per crescere bisogna esplorare il corpo e non solo il proprio, come una mappa, va cercato, scoperto, sperimentato e tutto parte dall’abbraccio che mette in contatto due corpi: sì buttarsi nella mischia ma non da soli. Gli studenti del liceo scientifico Segrè di San Cipriano D’Aversa, con Amore tossico, il mito moderno di Ade e Persefone, regia di Manuel Di Martino, invece, hanno invaso il palco di ombrelli colorati e riempito il silenzio con la pioggia, trasformata in temporale, realizzato con la body percussion, antichissima tecnica votata all’inclusività. In scena hanno portato le confidenze scambiate tra gli amici, nella lunga attesa fuori alle discoteche e dai racconti, dai rapidi messaggi in chat, emergono amori tossici, contro la libertà personale, l’incolumità fisica, la stabilità emotiva e psicologica. Questi segnali spesso sottovalutati, soprattutto dalle ragazze, le portano alla disperazione come nel caso della moderna Persefone, abbandonata dal ragazzo, da cui era dipendente e al quale si sentiva accomunata dal sentirsi diversi. Lei riconosce che l’unica via d’uscita è l’accettazione, ma non riesce a “lasciarlo andare”. Il punto di vista è esclusivamente femminile.

Sia nella prima che nella seconda rappresentazione i giovanissimi hanno un mondo tutto loro in cui non ci sono i genitori. E, se nella prima il numero degli uomini supera quello delle donne, per poi invertire il rapporto numerico nella seconda, relegandoli in un ruolo marginale, nella terza, Occupiamocene, la diversità è un dono, sempre per la regia Manuel Di Martino, con le ragazze dell’Istituto Righi-Nervi-Solimena di Santa Maria Capua Vetere, la scena è occupata da sole donne, perché gli uomini sono impegnati nella guerra. È chiaro il richiamo a Le donne di Aristofane anche se in chiave moderna pure nei costumi, ma qui, una volta conquistato il potere esse non cedono agli schemi di una società tipicamente maschile, anzi accentuano quelle caratteristiche tipiche femminili di tolleranza e rispetto. Grande l’impegno dei ragazzi, che hanno accolto questo esperimento teatrale come uno spazio di condivisione e comunicazione tra loro e con quelli della generazione precedente, in una un’osservazione valida solo se partecipata, sì da realizzare un continuo scambio che porti il micro-cosmo osservato a crescere e migliorare evitando di ripetere gli errori di quello adulto e se lo schema fosse ripetuto per enne micro-cosmi porterebbe a un significativo cambiamento della società tutta.